Contovendita: l'impostazione moderna dei mercatini dell'usato
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Contovendita: la formula più redditizia

Un mercatino dell'usato che opera in conto vendita, seleziona gli oggetti conferiti da coloro che vogliono vendere usato, li espone in negozio, e solo successivamente alla vendita, riconosce al cliente venditore una provvigione che solitamente è del 50%. E' la formula più utilizzata dai mercatini dell'usato in quanto così facendo l'azienda non sostiene il costo della giacenza e il rischio di invenduto è inesistente.

Tecnicamente un mercatino dell'usato opera in nome e per conto di un soggetto privato, in base a quando stabilito nel mandato di vendita. Questo permette di escludere l'applicazione di qualsiasi formula di garanzia. Acquistare oggetti in un mercatino dell'usato equivale infatti ad acquistarli da un privato.

La proprietà del bene rimane in capo al venditore stesso fino al momento della vendita. Ovviamente il cliente venditore, nel momento in cui porta a vendere degli oggetti, è obbligato a fornire i suoi dati anagrafici, completi dei riferimenti del documento di identità. Questo azzera o comunque riduce di molto, il rischio di ricettazione o di acquisto incauto, nel caso di merce di provenienza illecita.

Compravendita usato: mercatini che comprano direttamente

E' sicuramente una formula più antica (è quella del rigattiere) e l'impostazione, dal punto di vista fiscale, è diversa rispetto a chi opera in contovendita. Fiscalmente si opera infatti in regime del margine. Una delle più grandi catene nel settore della compravendita dell'usato nacque nel 1984 in Australia a Perth: il negozio Cash Converters fu fondato da Brian Cumins e un gruppo di soci. La loro visione fu quella di trasformare un umile negozio di seconda mano in una catena di punti vendita al dettaglio professionali, tanto da lanciare un franchising nel 1988.

In Italia, parallelamente allo sviluppo del mercato dell’usato in conto terzi, si è assistito ad un graduale ridimensionamento di quello di compravendita.