Abbigliamento usato: la filiera
Apri
Guida
Mercato
Cresci
Diario
Cerca
CHIUDI

Abbigliamento usato: la filiera

Giovedì 18 Luglio 2013
Alessandro Giuliani

Ho deciso di pubblicare lo studio sulla filiera dell'abbigliamento usato realizzato dal Centro di Ricerca di  Occhio del Riciclone, in quanto lo ritengo  particolarmente interessante, soprattutto per i mercatini dell'usato, e ricco di parecchi spunti per svariati punti di vista.

Ad esempio, leggendo il documento, si può trovare un'interessante ricerca dell'Osservatorio Cetelem, operata a livello europero sulla possibilità che l'acquisto di beni usati sia considerato degradante e che rappresenta, a mio parere, un punto che merita una riflessione.



Sono d'accordo con questa affermazione:

Lo studio prosegue affermando che il 50% degli europei pensa che comprare usato significhi rischiare di “farsi fregare” mentre un 57% crede che si rischi di acquisire beni con qualità o robustezza inadeguati. Ma il 57% pensa anche che nell’usato si possano trovare beni di qualità superiore. Il 47% dei consumatori di usato europei comprano la seconda mano per necessità, mentre un 40% lo fa come scelta militante (per evitare costi ambientali). Un 49% afferma però che l’usato è una buona opportunità per consumare di più.

In Italia - si sapeva - c'è ancora una mentalità iper consumistica che porta le persone ad approcciarsi con qualche difficoltà al mondo dell'usato; persone che non considerano l'usato "cosa di tutti i giorni", come una tazzina di caffè al bar oppure un asciugamano in hotel, trascurando le svariate opportunità di risparmio, di guadagno e quelle ambientali, per la riduzione degli sprechi.

Un altro punto importante del documento è rappresentato dallo studio della filiera dell'abbigliamento usato che ha origine, per i paesi a reddito pro capite elevato, dal ritiro o dalla raccolta delle donazioni di indumenti usati. I principali canali di raccolta sono quindi espressione del mondo della solidarietà. Quanto raccolto viene solitamente venduto ad aziende specializzate nel trattamento, nella classificazione e nella commercializzazione dei vestiti.

In proporzione minore gli indumenti raccolti vengono donati direttamente a soggetti disagiati locali (come la Caritas in Italia) o venduto in negozi e magazzini della solidarietà (“Goodwill Industries” statunitensi, “Charities Shop” e rivendite Oxfam in Gran Bretagna).

Quanto venduto a queste imprese specializzate è a sua volta rivenduto al mercato locale dell’usato (generalmente venditori ambulanti), avviato all’esportazione ai fini del riutilizzo, o a varie opzioni di riciclo o recupero. Una parte residuale che non è né riutilizzabile né recuperabile in altre forme, viene avviata a smaltimento.

E' interessante quindi notare come l'opera dei negozi dell'usato sullo stile di Mercatopoli e Baby Bazar, siano un ottimo sistema per "distrarre" da questa filiera i capi in perfetto stato - che vengono ritirati in conto vendita da privati e quindi rivenduti ad altri privati - per reinserire quindi l'invenduto nella medesima filiera, che viede appunto ceduto ad enti di solidarietà.

Indumenti usati: una panoramica globale per agire eticamente.




Imprenditori dell'usato

Per approfondire questa tematica puoi iscriverti al gruppo Facebook Imprenditori dell'usato. La tua partecipazione è gradita e l'iscrizione è gratuita.

Imprenditori dell'usato

Altri contenuti che potrebbero interessarti

Decluttering: 6 cose da sapere per eliminare il superfluo
Sabato 02 Agosto 2014
Aprire un negozio di articoli sportivi usati
Giovedì 04 Luglio 2013
Vento di cambiamento sul mercato dell'usato
Domenica 30 Agosto 2015

I commenti